“Architettura del legno, opere per gli spazi e l’abitare dell’uomo”, è questa l’epigrafe che accompagna la presentazione di alcuni lavori di questa straordinaria impresa famigliare di artisti-artigiani nel bel mezzo dell’attuale mondo virtuale osannato dalla globalizzazione.
La storia sta per voltare pagina ancora una volta. Ed ogni volta che così succede il gusto, come conseguenza naturale della mutazione, cambia, va alla ricerca di parametri nuovi. Spesso scopre percorsi già esistenti che la moda passata aveva celato. E in quei percorsi trova l’energia per lo scatto.
Il concetto di arte scivola un po' sempre a secondo dei tempi e delle mode culturali. Oggi scivola malamente anche in nome di uno scaltro mercato creando confusione e spaesamento.
Come sappiamo l’arte è linguaggio ovvero comunicazione di un sentimento profondo del vivere.
Se molti dei suoi mobili fossero interpretati come modelli di legno da trasporre in
grande scala, cosa che si potrebbe fare benissimo, in linea con una vecchia e nobile
tradizione, Giuseppe Rivadossi sarebbe uno dei maggiori architetti dei nostri tempi.
La scultura di Giuseppe Riadòs-Rivadossi gioca d’anticipo, non invita a compiere cammini suggestivi. Esercita anzi una violenza impedendo quel cammino, sbarrandogli la strada attraverso l’imponenza dei suoi Corpi, il cui carattere primario è appunto quello di occupare tutta la strada sulla quale ci si trovi a passare.
Singolare proposta questa di Giuseppe Rivadossi.
In un mondo che protesta il proprio isolamento esistenziale e urla al cielo la propria esasperazione individualistica, egli cerca e propone un canale di comunicazione.
Esistono mobili stupendi, ma che creano in chi li vede o li usa una sorta di distacco; quasi l’avviso della loro totale inappartenenza alla nostra vita. Altri, ne esistono, non meno stupendi, che, invece, chiedono, in chi li guarda o li usa l’esatto contrario: l’avvicinamento; la totale appartenenza.
Passeggiamo Giuseppe ed io fra le tombe di Săpânta, nel Cimitirul Vesel, tra le steli colorate e le scene di una vita spenta, come in Spoon River, ognuno coi suoi carichi di nostalgie da viventi, e debiti penitenziali; passo dopo passo si presentano facce scolpite sul legno